ostessa di Balze e l’Osteria del PonteficeErsilio Bicci (1845 – 190?)

1901: la bella ostessa di Balze e l’Osteria del Pontefice Ersilio Bicci (1845 – 190?), insegnante e scrittore fiorentino, solito frequentare le Terme di Bagno, nel 1901 pubblicò a Firenze, presso Seeber, “Passeggiate estive”: un libretto in cui racconta in versi e stornelli non eccelsi le escursioni che – ringiovanito dalla cure termali – era solito fare ogni anno nei dintorni di Bagno, lungo il Fosso di Varlungo, il Savio, a San Piero, Corzano, per la Tosco Romagnola, Santa Sofia, Alfero; a dorso di mulo si reca anche al monte Fumaiolo ed alle Sorgenti del Tevere ove, più che dal “sacro fiume”, rimane ammaliato dalla giovine ostessa di Balze.

Ma chi è la bella ostessa “che frantuma il cuore della gente / recando in mano le pietanze e ’l vino”? Enrichetta Piccini, di Casteldelci, prima moglie di Giulio Marcuccini detto “il Pontefice”, o la moglie di Cristoforo Para, detto “Pistola”? Al momento non lo sappiamo.Eugenio Ribustini, nella “Guida illustrata dell’Alta valle del Tevere” (1900), ci informa che, nonostante la disastrosa o inesistente viabilità, il villaggio di Balze in quegli anni è “assai frequentato in estate per l’aria pura e balsamica che costantemente vi si respira, e per l’acqua limpida, abbondante e freschissima che scaturisce dalla roccia. E’ pure frequentato in primavera ed in autunno da cacciatori, essendo il luogo importante per tal genere di sport”. Tra la fine dell’Otto e gli inizi del Novecento a Balze c’era dunque già un certo flusso turistico, che faceva riferimento – scrive ancora il Segretario comunale di Pieve S. Stefano – sia alla trattoria condotta da Cristoforo Para detto “Pistola”, che funge pure da rivendita di commestibili, sia alla locanda di Giulio Marcuccini (1869-1942), che mette a disposizione alcune camere, “tiene osteria, provvede cavalcature per le sorgenti del Tevere”, ed ha l’appalto si sale e tabacchi. In quest’ultima, detta “del Pontefice” – posta in un chiasso laterale, in vetta al paese – soggiornò nell’estate del 1905 – come scritto in un post di qualche tempo fa – il pittore romano Onorato Carlandi (1848-1939), uno dei più noti acquerellisti di allora, che dedicò molta della sua opera ai paesaggi lungo il Tevere, e nell’occasione dipinse le Vene e il circondario di Balze.Vi soggiornarono a lungo, “accolti coi massimi segni di deferenza” – si narra su “Il Popolano” di Cesena del novembre 1912 – anche geologi e tecnici che espletavano indagini scientifiche, preliminari alla costruzione dell’acquedotto consortile che doveva condurre l’acqua dal Fumaiolo fino a Ravenna: il “Pontefice” aveva la cortesia di raggiungerli sulla montagna col mulo per portare colazioni abbondati e squisite. “I pochi abitanti che vivono a Balze – vi si scrive – d’inverno sono costretti o ad emigrare o a restare inerti, poiché di fronte all’imperversare della tormenta si arresta anche la vita quotidiana. Gli uomini si radunano nella serata attorno ad un grande e ben nutrito focolare nella locanda del “Pontefice”, così chiamata dal soprannome del proprietario. Fanno circolo attorno al parroco, che, appassionato e modesto cultore di medicina, deve per necessità d’ambiente provvedere non soltanto alla salute delle anime, ma anche a quella dei corpi”.Nella fotografia sottostante – realizzata dal fotografo ravennate Pietro Bezzi (1888-1952) – il “Pontefice” è di fronte alla sua locanda, ed ha una pergamena arrotolata in mano. E’ in mezzo ai sindaci di Ravenna (Fortunato Buzzi) e Cesena (Vincenzo Angeli), all’ing. Belisario Londedei della Società delle Condotte di Roma, a funzionari di Prefettura e comuni. Stanno per partire verso le sorgenti del Senatello per la cerimonia di consegna del primo cantiere dei lavori del grandioso Acquedotto Consorziale Cesena-Ravenna, che dovrà portare salute e igiene a gran parte della Romagna, ma che non sarà mai portato a termine. E’ il 26 agosto del 1918. La Grande guerra sta per finire.

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