
Unire la Sicilia all’Italia continentale, l’isola alla Penisola. E’ un sogno di moltissimi italiani, convinti delle opportunità che si coglierebbero grazie alla realizzazione di questo collegamento, di cui si fantastica praticamente da sempre. Se ne parla da tempo immemore, e da molto di più la mancanza di un ponte è fra i limiti allo sviluppo della Sicilia e di tutto il sud Italia, con alcuni governi che hanno promesso di realizzare il ponte mentre altri non hanno proprio affrontato l’argomento.
Era il 251 a.C., in pieno periodo di guerre puniche, e il collegamento aveva uno scopo pratico. La storia la raccontano sia il geografo greco Strabone, vissuto dal 63 a.C. al 23 d.C., sia Plinio il Vecchio, nato nel 23 d.C. e morto nel 79 durante l’eruzione del Vesuvio. Strabone riporta che Lucio Cecilio Metello, console romano della Repubblica, sconfigge Asdrubale nella battaglia di Palermo del 251 a.C., durante la prima guerra punica. Asdrubale era stato inviato in Sicilia con un grosso contingente militare che comprendeva anche 140 elefanti da guerra, un compendio di “carri armati dell’antichità” in grado di terrorizzare i romani, i quali però a Palermo partono da una posizione di difesa, dietro le mura della città, e riescono ad annientare l’esercito cartaginese. Asdrubale è messo in fuga, si ritira a Lilibeo ma poi viene richiamato a Cartagine e giustiziato per la sconfitta subita, e lascia a Lucio Cecilio Metello un cospicuo bottino di guerra con gli elefanti sopravvissuti. Collegare “Messana” (Messina) a “Regium Julium” (Reggio Calabria) non è impresa semplice, e i romani la portano a termine legando un numero enorme di botti, a due a due, con altre tavole, realizzando un ponte di legno galleggiante. L’idea non era certo una novità, era stata realizzata dagli Assiri, dai Persiani e dai Greci, ma l’elemento nuovo è il tratto di mare che questa passerella collega, quello stretto di Messina che è fulcro di tante narrazioni mitologiche e crocevia marittimo di due mondi che la natura ha diviso ma che l’uomo vorrebbe unire, da sempre. Racconta Strabone: “(Lucio Cecilio Metello) radunate a Messina un gran numero di botti vuote, le ha fatte disporre in linea sul mare legate a due a due in maniera che non potessero toccarsi o urtarsi. Sulle botti formò un passaggio di tavole coperte da terra e da altre materie e fissò parapetti di legno ai lati affinché gli elefanti non avessero a cascare in mare”. La struttura è tanto imponente da riuscire a galleggiare e resistere alle correnti dello stretto di Messina, e consente agli enormi elefanti africani di raggiungere la Penisola in tutta sicurezza. Dopo la Repubblica degli antichi romani l’idea di ponte rimane nell’aria, ma sarà solo durante il medioevo che si affronterà nuovamente il discorso. Nel IX secolo è Carlo Magno a pensarci, ma la complessità dell’opera lo fa desistere praticamente subito. Dopo di lui ci pensano i normanni a tentare l’impresa, nella persona di Roberto il Guiscardo, ma anche in questo caso la tecnologia medievale era inadatta a realizzare l’opera. Dopo il medioevo saranno i Borbone a pensare di unire la Calabria con la Sicilia, ma il costo preventivato era totalmente fuori portata per il regno meridionale.