
L’ultimo duplice delitto avviene nella campagna di Sa Casciano in Val di Pesa, in frazione Scopeti, all’interno di una piazzola attigua a un cimitero e attorniata da cipressi, in cui erano solite appartarsi le coppie. Le vittime sono due giovani francesi, Jean-Michel Kraveichvili, musicista venticinquenne di origini georgiane, e la trentaseienne Nadine Mauriot (la vittima più anziana del mostro), titolare di un negozio di calzature, madre di due bambine piccole recentemente separata dal marito, entrambi provenienti da Audincourt una cittadina dell’est della Francia
Le vittime sono accampate in una piccola tenda a poca distanza dalla strada. L’omicidio è stato fatto risalire da taluni alla notte di domenica 8 settembre 1985, da altri a quella tra sabato 7 settembre e domenica 8 settembre 1985, considerazione che era motivata con la presenza sui cadaveri delle vittime di larve di mosca che necessitano di almeno 25 ore di tempo per svilupparsi e dalle condizioni tanatologiche dei corpi riesaminate su foto da esperti molti anni dopo, come è riportato da una perizia del professor Francesco Introna e, successivamente, da un reportage televisivo di Paolo Cochi. Tuttavia nel 2020 l’entomologa forense Denise Gemmellaro, docente di scienze forensi alla Kean University (USA) e membro dell’ American Board of Forensic Entomology (ABFE), intervenuta nella trasmissione streaming “Le Notti Del Mostro” affermerà che le larve miste a uova trovate sul cadavere della Mauriot potevano essere compatibili con una ovodeposizione del Lunedi 9 Settembre 1985 avvalorando come riportato in tutte le sentenze e in accordo con la confessione di Giancarlo Lotti e la testimonianza oculare di Fernando Pucci, la possibilità che il delitto possa essere stato commesso la notte tra domenica 8 settembre 1985 e lunedì 9 settembre 1985. Dichiara altresì però che non essendo rilevabile lo stadio di sviluppo delle larve, in mancanza di un campione delle stesse da poter analizzare al microscopio e in mancanza di dati fondamentali come il tipo di specie, è impossibile confermare o escludere qualsiasi ipotesi.
Le modalità dell’aggressione sono simili a quelle precedentemente messe in pratica dall’omicida, eccettuato il fatto che, in questo caso, le vittime non si trovavano in auto ma in una tenda piantata vicino alla propria auto: l’assassino, dopo aver reciso con un coltello il telo esterno della tenda sulla parte posteriore, si sposta verso l’ingresso della tenda e spara. Nadine muore subito; Jean-Michel, ferito non mortalmente, riesce a uscire dalla tenda e a fuggire verso il bosco, ma viene raggiunto dall’omicida che lo finisce a coltellate e poi ne occulta il corpo, cercando di nasconderlo tra alcuni rifiuti in un posto poco distante dalla tenda. Dopo essere stato estratto dalla tenda al fine di praticare le mutilazioni sul pube e sulla mammella sinistra, anche il cadavere della donna viene in qualche modo occultato e risistemato all’interno della tenda in modo che non sia subito visibile. Lettera inviata dal Mostro di Firenze alla procuratrice Silvia Della Monica
Il particolare modus operandi attuato dall’omicida in quest’ultimo delitto lascia presupporre che l’assassino avesse l’intento di ritardare il più possibile la scoperta dei corpi. A questo, si aggiunge anche il fatto che l’omicida ha voluto, in maniera esplicita, sfidare gli inquirenti: tra le ore 12:00 di sabato 7 settembre e le 12:00 di lunedì 9 settembre imbuca presso l’ufficio postale di San Piero a Sieve una missiva contenente un lembo di seno sinistro di Nadine Mauriot, dalla misura di 2,8 x 2,0 cm e spessore di 2-3 mm. Dall’esame istologico effettuato sullo stesso si evince quanto segue: “tessuto adiposo di origine umana con quadro corrispondente a quello di ghiandola mammaria in stato di riposo, del tutto analogo ai tessuti corrispondenti alla mammella sinistra di Nadine Mauriot”. La lettera è stata recapitata presso la Procura della Repubblica di Firenze in data 10 settembre 1985 intorno alle ore 10:30. La procuratrice Silvia Della Monica, che dai primi mesi del 1984 ha delegato le indagini a colleghi per occuparsi di altri casi, è il destinatario della macabra corrispondenza. Sul fronte della busta, oltre ad essere regolarmente presente un francobollo da 450 lire raffigurante il Castello di Bosa, è scritta, con lettere ritagliate da un giornale periodico, la seguente frase: “DOTT. DELLA MONICA SILVIA PROCURA DELLA REPUBLICA 50I00 FIRENZE”. Da notare che la parola “Repubblica” venne scritta con una lettera B mancante e il numero 1 del codice postale “50100” venne scritto con una lettera I maiuscola. L’omicida per incollare le lettere di giornale e il francobollo ha utilizzato una colla a base di destrina, mentre per sigillare la lettera non ha utilizzato la saliva, bensì una comune colla UHU. All’interno della busta è presente un foglio piegato su stesso e incollato accuratamente lungo i margini con colla UHU e, all’interno di tale foglio, giace un sacchetto in polietilene contenente il predetto lembo di seno. Per 35 anni non si è saputo quale rivista il Mostro abbia utilizzato per ritagliare le lettere. Tuttavia, nel 2020 la rivista è stata identificata da Valeria Vecchione come il periodico Gente numero 51 del 21 dicembre 1984, in edicola dal 14 al 20 dicembre dell’anno suddetto. La lettera inviata dall’omicida, come detto poc’anzi, è stata recapitata in Procura il 10 settembre 1985; tuttavia la notizia venne mantenuta volutamente segreta fino al pomeriggio del 26 settembre 1985, rimbalzando su tutti i quotidiani il giorno seguente.
Oltre alla lettera inviata alla Della Monica, presso la Procura di Firenze giunsero anche altre lettere: il 1º ottobre, vengono recapitate due buste anonime indirizzate ai due sostituti procuratori Paolo Canessa e Francesco Fleury. Tali lettere contengono la fotocopia di un articolo ritagliato de La Nazione del 29 settembre 1985 (scritto da Mario Spezi) dal titolo “Altro errore del mostro” e sottotitolo “la notte del delitto tutte le strade erano controllate e la sua auto potrebbe essere stata segnalata da un casellante”. Sul bordo della fotocopia vi è il seguente testo scritto con macchina da scrivere: “uno a testa vi basta”. All’interno della busta, oltre all’articolo di giornale, è presente un foglio di carta sul quale è stato pinzato un dito di guanto di tipo chirurgico contenente una cartuccia marca Winchester calibro. 22 con “H” impressa sul fondello. Il 5 ottobre giunge in procura un’altra lettera, indirizzata al sostituto procuratore Piero Luigi Vigna. All’interno della busta sono presenti dei guanti interi di tipo chirurgico e un dito di guanto contenente una cartuccia marca Winchester calibro.22 con “H” impressa sul fondello del bossolo. Su tutte e tre le lettere il nome e l’indirizzo del destinatario sono stati scritti a macchina. Gli esami biologici evidenziarono che sui lembi delle tre buste c’erano tracce di saliva che diedero esito positivo di appartenenza a soggetto con gruppo sanguigno A. Non esiste però alcuna certezza che questo messaggio sia stato inviato dall’assassino, poiché esso non conteneva alcuna prova inequivocabile della provenienza da parte del responsabile e non di un mitomane. Il brandello di seno spedito al PM rimane l’unico “messaggio” inequivocabilmente inviato dagli/dall’assassino/i agli inquirenti.
In tempi moderni è stata eseguita, sulle tre lettere inviate ai procuratori Canessa, Vigna e Fleury, una perizia genetica dal prof. Ugo Ricci, biologo genetista forense del Policlinico Careggi di Firenze. Dalla predetta perizia è stata evidenziata la presenza di uno stesso profilo di DNA di saliva sconosciuto, consistente in 10 alleli su 22, su tutte e tre le lettere. Tale DNA, denominato “reperto 80”, è stato confrontato con il DNA degli indagati, dando in ogni caso esito negativo. Recentemente, il documentarista Paolo Cochi ha intervistato la dott.ssa Marina Baldi, genetista forense, la quale ha affermato che il profilo ricavato dalle tre lettere, essendo costituito da un sufficiente numeri di alleli (10 totali) è assolutamente utilizzabile non solo per confronti con altri profili, ma anche per analisi più dettagliate, quali ad esempio la determinazione di aspetti fenotipici dell’autore delle missive, come il colore degli occhi e dei capelli.