
La chiesa era intitolata a Sant’Agostino in quanto i primi religiosi che approdarono da queste parti erano per l’appunto eremiti agostiniani che costruirono il loro convento e sbarcavano il lunario grazie al frutto di un paio di poderi, celebrando messe e raccattando qualche elemosina.
Nel 1632 è ricordato un certo Fra Bartolo da San Paolo fra i presenti all’eremo. Poi nel 1649 una bolla di papa Innocenzo X, che probabilmente non aveva di meglio da fare, soppresse il convento e assegnò alla Chiesa i beni posseduti dai frati. Quei due o tre eremiti, che certamente non erano in odore di santità ma che bene o male riuscivano a cavarsela, furono così costretti a fare fagotto e a dirigersi verso altri lidi. Quattro giorni dopo il 18 agosto 1716 fu indetto il concorso per l’elezione del nuovo parroco e venne eletto Don Sante Gressi da Camporlandino che vi si stabilì un mese dopo, in data 28 settembre. La storia della nuova parrocchia, o meglio della chiesa, continuò fino al secondo conflitto mondiale quando venne data alle fiamme. Molto si è scritto intorno alla distruzione della chiesa, quindi di seguito riporto, quasi integralmente, una lettera forse inedita, datata 16 dicembre 1960 partita dalla “Pievania di San Pietro in Corniolo”, firmata Don Sabino Roverelli ed indirizzata a Don Mario Camaiti del vescovado di San Sepolcro. Quest’ultimo richiedeva l’inventario degli arredi sacri ed altro della chiesa di San Paolo in Alpe e la risposta di Don Sabino fu questa: Fuori gli eremiti e dentro il prete. Uno dai primi rettori della chiesa di Sant’Agostino a San Paolo in Alpe fu Giovanni Boscherini nativo di Strabatenza che era stato eletto intorno al 1682 e che nel 1705 viveva e diceva messa in una chiesa “…dimessa e piccola…’ con ‘…la facciata…volta a settentrione, con un cielo freddo e ventoso…” Andavano a Messa che si celebrava nei giorni festivi gli “… abitanti delle alpi vicine, che sogliono coprire la distanza fino alla chiesa…” Dopo la morte di don Boscherini la chiesa rimase per qualche tempo vacante, poi il 14 agosto del 1716 anche San Agostino in San Paolo in Alpe divenne parrocchia. Entrarono a far parte della nuova cura 32 abitazioni. 16 provenienti da Ridracoli (Bugaccia, Casetta, San Paolo, Pozzacchere, Fosso, Ceregiolino, Ceregiolone, Val di Rubiana, Campominacci, Botriali, i due poderi di Poggio Pratovecchio, Poderina, Casette, Molinuzzo e Celluzze di Sopra (meglio conosciuta come Ridondone), ed altrettante da Corniolo (Cerrete, Ristefano, Campodonato di sopra, Pian Coltellino, Fossa al Nespolo, Camponado di Sotto, Ronco del Cianco, Val di Covile, La Peschiera, la Grillaia, Valtuiere, Fiumari di Sopra, Fiumari di Sotto, Fiumari di là , Moscoso e Campaccio) Arrivare a San Paolo in Alpe per la prima volta, soprattuto a piedi, è sempre un qualcosa di speciale. Alcuni vecchi percorsi che si staccano e salgono da Ridracoli, Corniolo e Fiumari ci conducono alla meta dove si rimane piacevolmente sorpresi nel trovarsi di fronte ai grandi prati che caratterizzano la frazione. Siamo a 1000 metri di altezza o poco più, in uno dei luoghi più accattivanti del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Davanti a noi panorami a 360 gradi e in mezzo ai prati un lungo e basso casolare, oggi in parte recuperato ed adibito a bivacco e rifugio, davanti al quale si trova una Maestà. All’intorno tanti daini che, se non vengono disturbati, non si accorgono neppure della nostra presenza. Il cuore di questa località è completato dai ruderi della vecchia parrocchiale e dai pioppi che la circondano. Situata ai margini dell’altopiano con il suo campanile a vela che cerca di resistere al tempo, i ruderi della chiesa si trovano nei pressi della mulattiera che scende rapidamente verso il cimitero per poi raggiungere le case dei Fiumari e la pista forestale. È solo un opinione personale e chiaramente non condivisibile ma io nutro una grande simpatia per questi agostiniani che stavano a San Paolo in Alpe: probabilmente non si ammazzavano dal lavoro, ma certamente avevano il merito di portare una parola di conforto ai contadini della zona. Con tutto il rispetto non posso concedere il mio affetto al buon Innocenzo X che se ne stava in Vaticano a mangiare coda alla vaccinara. saltimbocca alla romana e carciofi alla giudea. Ma non esiste nulla, proprio nulla, perchè tutto fu distrutto dall’incendio nell’ultima guerra. Voglio raccontarle tutto, come avvenne. La canonica di San Paolo in Alpe era allora abitata dai partigiani, che vi entrarono abusivamente. Accortesi le forze tedesche-fasciste S.S. , da Biserno salirono su a San Paolo. Accortisi i partigiani, fuggirono, e rimase solo il parroco, Don Enrico Pini, che spinto dalla curiosità uscì fuori dalla porta della canonica. Lo presero quei soldati, lo legarono, per portarlo via. Quel povero don Enrico, già in là con l’età, era vestito malamente, con un rozzo soprabito. Chiedeva di essere lasciato libero per andare a cambiarsi, e prendere il suo portafogli, o borsetto, che conteneva una misera somma; ma non gli fu concesso. Venne portato a piedi, (tre ore e più di cammino) fino al mulino di Berleta, e rinchiuso in una stalla, senza mangiare, fino a sera, poi portato a S Sofia per essere giustiziato; ma poi, riconosciuto innocente, fu messo in libertà. Le donne di S. Sofia fecero una colletta e procurarono nuovi abiti più decenti. Ho dimenticato la data: ciò avvenne la mattina del 16 aprile 1944. Intanto a S Paolo in Alpe appiccarono il fuoco alla Chiesa, alla canonica e alla casa colonica adiacente. L’incendio durò due o tre giorni; forse perché nel sottosuolo della chiesa, nella sagrestia ed in canonica era nascosto materiale bellico, lasciato dai partigiani. l fuoco distrusse tutto. E che ciò è vero, lo posso attestare io, perché appena seppi che l’incendio stava per cessare, andai personalmente su a S. Paolo, con grave rischio, per trasportare qui a Corniolo il SS.mo Sacramento e per salvare il salvabile. Ma trovai tutto distrutto, travi, banchi di chiesa, confessionale, quadro, le due statue ecc. La mensa dell’altare, in pietra, tutta rotta a terra, e cosi il Tabernacolo, pure in pietra, in pezzi e sotto quelle pietre la Pisside tutta contorta, e le sacre particole tutte in cenere, che conservavano la forma rotonda; ma appena leggermente mosse nella cenere si disperse. In sagrestia c’era un bellissimo armonium a due tastiere, ma anche quello tutto distrutto, cosi pure l’armadio, dove si tenevano i sacri paramenti. L’armadio a muro, dove si conservano i calici e gli altri vasi sacri vuoto, distrutto il muro e crepato il legno.
I vasi sacri o distrutti o derubatl. Dico forse derubati perché non c’era neanche un pezzettino di metallo. Anche in canonica tutto distrutto e ridotto ad un cumulo di rovine. Dopo l’incendio della Ioro chiesa le genti dei poderi che facevano parte della cura di San Paolo ripresero a maritarsi e a far battezzare i propri figli a Ridracoli o Corniolo. Negli anni ’60 del novecento quando ormai tutti i poderi di San Paolo erano abbandonati, in un posto veramente delizioso, nei pressi del mulino Fiumari, venne edificata la nuova chiesa di Sant’Agostino, un’inspiegabile costruzione che é un pugno allo stomaco dell’estetica, al gusto ed al senso della forma. A questo punto mi torna in mente Innocenzo X, il papa che aveva fatto sparire gli eremiti da San Paolo.Innocenzo, col caratterino che si ritrovava, alla vista della chiesa avrebbe fatto un grandissimo sacrificio ed abbandonando la mensa dove si trovavano cacio e pepe, trippa ed abbacchio si sarebbe velocemente recato ai Fiumari. Giunto alla meta, armato di mazza, piccone e tanta buona volontà avrebbe demolito personalmente la nuova chiesa, lavoro effettuato in men che non si dica tra il plauso degli astanti. Vorrei concludere spezzando una lancia anche a favore della nuova discutibile chiesa in quanto le croci che campeggiano sul campanile e sul tetto sono due capolavori: le A di anarchia così superbamente stilizzate non le avevo mai viste da nessuna parte, soprattutto in un edificio religioso. Oratorio di San Paolo Era situato situato di fianco al podere di San Paolo, dove ora si trova la maestà costruita nel 1959. Nelle varie visite pastorali avvenute a far data dal 1625 è stato sempre trovato in cattive condizioni di manutenzione. Nella visita del 14 settembre del 1756, malgrado alcuni lavori di restauro, l’oratorio era “…per la violenza dei venti, delle nevi e l’asperità dell’aria…in pessimo stato” ed “..il tetto era in rovina, i muri scrostati e cadenti. La tavola dell’altare, raffigurante l’apostolo San Paolo, era molto indecente, deturpata e lacera, quindi venne interdetta.” L’annotazione del visitatore riguardante “…l’asperità dell’aria..” è bellissima e ai nostri giorni non può che suscitare invidia. Luogo in cui si trovava l’oratorio Nel 1776 la piccola cappella “…fu nuovamente visitata e trovata quasi di nuovo riedificata..” ma successivamente l’oratorio venne probabilmente venduto a privati e di conseguenza perse la destinazione di luogo di preghiera. Infatti prima dell’aprile 1944, quando venne dato alle fiamme, veniva usato quale ricovero per gli attrezzi dei contadini del vicino podere di San Paolo. Dopo la distruzione, non rimasero che i muri esterni, in seguito abbattuti per utilizzare le pietre necessarie a riedificare la casa di San Paolo. La famiglia Betti, che dopo l’incendio si era trasferita a Campodonato potè così tornare ad abitarvi.
II popolo di Sant’Agostino in San Paolo in Alpe non esisteva più.
Fonte: claudio Bignami
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