
Più di 500 filmati amatoriali realizzati tra gli anni Venti e gli anni Ottanta compongono Montagne, la nuova sezione di Memoryscapes, la piattaforma online di Fondazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia di Bologna che digitalizza e rende accessibile a tutti il patrimonio in pellicola degli italianiBologna,
– Ci sono le escursioni domenicali e le competizioni sportive, i primi skilift, le funivie, le seggiovie e gli impianti sciistici che trasformano radicalmente il turismo montano rendendolo accessibile a un pubblico di massa, le spettacolari eruzioni del vulcano, le località sciistiche più alla moda: in un presente in cui il turismo slow riscopre i paesaggi d’alta quota, tra passeggiate e cammini, la nuova serie Montagne disponibile da mercoledì 17 dicembre sul sito memoryscapes.it – il portale di Fondazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia di Bologna che raccoglie per aree tematiche le pellicole private degli italiani in formato digitale e accessibile liberamente – rivela il lungo rapporto degli italiani con il paesaggio montano, protagonista di un racconto che attraversa decenni e i territori di tutta la penisola, crocevia di temi ambientali, culturali e identitari. La montagna emerge come luogo di memoria collettiva e laboratorio di convivenza tra natura, lavoro, sport, feste, tempo libero, turismo e vita quotidiana. La nuova serie – composta di oltre 500 filmati girati tra il 1924 e il 1987 – restituisce infatti un quadro complesso e plurale della vita in quota, mostrando come montagne, laghi, boschi e villaggi siano da sempre luoghi di incontro, scoperta e meraviglia, dove si intrecciano culture, tradizioni ma anche innovazioni tecnologiche che ne modificano la fruizione. Dalle Alpi agli Appennini fino alle catene insulari, il cinema privato restituisce un affresco corale delle comunità che hanno abitato, narrato e trasformato questi luoghi nel corso del Novecento. Innovazioni e turismo di massa: la montagna che cambia voltoLe riprese dell’epoca raccontano un’Italia in trasformazione e la grande rivoluzione che investe la montagna nel Novecento: l’avanzata delle innovazioni tecnologiche e la crescita del turismo di massa favoriscono, sin dagli anni Trenta, un accesso più agevole alle vette e una nuova percezione della montagna. Già dal 1932, Sestriere si impone come simbolo di modernità con le vedute dalle prime funivie, le architetture iconiche e i comprensori gremiti di sciatori e sciatrici che inaugurano un nuovo immaginario collettivo fatto di sport, svago e socialità. I nuovi impianti di risalita diventano protagonisti delle riprese, simboli di un accesso alle vette finalmente alla portata di tutti e segno di una montagna che cambia volto da Nord a Sud, sempre più riconosciuta come spazio di svago e di consumo: ed ecco la funivia inaugurata nel 1936 che collega Breuil Cervinia a Plan Maison, filmata durante una settimana bianca nell’inverno 1958, la nuova Funivia Sass Pordoi del 1964, che conduce in pochi minuti a quasi 3.000 metri di altitudine e la seggiovia Selva–Dantercepies, immortalata in spettacolari riprese in 9,5mm e all’epoca – il 1955 – la più lunga d’Europa. Non mancano le cestovia, come quella del Rifugio Toni Demetz, Forcella del Sassolungo, ripresa nel 1957, e dello stesso anno, la seggiovia di Monesi, una delle prime infrastrutture moderne per il turismo invernale nell’entroterra ligure inaugurata negli anni Cinquanta. Ad esse si affiancano impianti oggi scomparsi, tra cui la cestovia Montagnone, storico collegamento tra Ischia Porto e la sommità panoramica del monte. Anche lo skilift diventa protagonista assoluto delle piste, come in queste sequenze girate sul Gran Sasso nel 1956. Queste trasformazioni ridisegnano anche il modo di praticare lo sport in quota, e le riprese amatoriali diventano un osservatorio privilegiato per comprenderne l’evoluzione: mutano le attrezzature, l’abbigliamento e le tecniche, dal semplice escursionismo all’alpinismo più impegnativo. Particolarmente significativi sono i filmati realizzati dagli alpinisti cineamatori, che documentano ascese e gesti tecnici con uno sguardo divertito e appassionato: dalle discese in corda doppia sul Passo del Cerreto in provincia di Reggio Emilia, a una scalata sul Monte Antelao, in Cadore, del 1942, fino alle ascensioni alpinistiche organizzate, come quella della sezione di Milano dell’Associazione Nazionale Alpini verso Punta San Matteo del 1966, che vede un gruppo in cordata composto da uomini, donne, adolescenti e bambini mentre avanza tra il Rifugio Berni, il Ghiacciaio del Dosecù e i pendii misti di neve e roccia che conducono alle quote più elevate. Ovviamente all’interno della selezione non poteva mancare lo sport nelle sue manifestazioni e pratiche ufficiali: Pietro Varin al Trofeo Mezzalama del 1975 nella “la gara più alta del mondo”, Mario Fantin sul Monte Bianco nel 1949, Ermenegildo Boccafogli alla cronoscalata Trento-Bondone, tra le prime competizioni del suo genere. Borghi storici si trasformano così in in centri turistici e sportivi, come Cortina, protagonista assoluta delle Olimpiadi invernali con i Campionati Mondiali di Sci Alpino del 1941 e in quelli del 1956, ma anche dell’agio e del benessere delle vacanze montane di molti italiani, già dagli anni Trenta. La montagna si apre quindi a tutti e a tutte, ridisegnando la geografia del tempo libero: sul Monte Terminillo, nel Lazio, un gruppo di bambini è impegnato in una gara di sci. I rifugi alpini, i laghi e le vette diventano inoltre tappe di passaggio, luoghi di ristoro e spazi di socialità: dal Mucrone negli anni Trenta al rifugio Venezia inaugurato nel 1954, fino al Livrio raggiunto dal Gatto delle nevi nel 1964. Laghi alpini come quelli di Carezza e Nambino o appenninici come il lago di Barrea il lago Santo e il lago Nero, offrono scenari di contemplazione e svago. Negli anni Settanta il tempo lento trascorso nelle baite e nei residence soleggiati restituisce un’atmosfera di spensieratezza, con giacche e maglioni dai colori vivaci che risaltano sul bianco della neve, immagine iconica di quella “dolce vita” in alta quota destinata a proseguire fino ai giorni nostri. Abitare la montagna: la tradizione, l’impatto dell’insediamento umano, le prime avvisaglie della crisi climaticaAccanto al turismo, anche la vita quotidiana della montagna emerge nei gesti del lavoro, delle ritualità, del convivere e dello stare insieme. Le immagini di Don Vitalini raccontano la vita alpina in Valtellina, ma è soprattutto sull’Appennino emiliano che il cinema amatoriale si fa racconto corale e la montagna diviene sinonimo di comunità: Don Fornasari documenta la vita tra i boschi e i monti dell’Appennino piacentino e parmense, mentre Don Artemio Zanni ritrae i bambini orfani di guerra e accolti a “Casa Nostra” sull’Appennino reggiano. Le tradizioni culturali e il folklore trovano spazio in eventi e manifestazioni volte a celebrare lingue, dialetti, saperi da preservare: dalla Baìo di Sampeyre, antica festa popolare che rievoca cacciata dei Saraceni dalla Valle Varaita, alla Festa Walser di Rimella, celebrazione comunitaria che mette in luce l’eredità culturale di questo popolo di origine germanica e il Festival Ladin in Val Gardena. A fare da sfondo ai 500 estratti è il volto stesso della montagna, che muta nel susseguirsi delle stagioni e si rivela fragile “sensore” delle trasformazioni ecologiche globali. Le riprese delle famiglie in vacanza, di abitanti ed escursionisti documentano con chiarezza le tracce lasciate dal cambiamento climatico e dall’impatto dell’insediamento umano: dai ghiacciai della Fradusta, all’epoca ancora compatto e visibile come massa glaciale attiva, al Marmolada e Monte Rosa, ai crateri dell’Etna, quest’ultimo interamente ricoperto di neve nelle immagini suggestive di una traversata del 1933, e ancora il paesaggio attorno al campanile sommerso di Curon Venosta, dal cui sfondo emergono Alpi totalmente innevate nonostante il periodo estivo, le fioriture della stella alpina in Val di Funes e il lago ghiacciato di Antermoia nel 1953. Memoryscapes – Montagne abbraccia tutta la penisola ed è anche un’occasione per scoprire morfologie italiane meno conosciute, dalle montagne interne dell’Appennino fino alle alture delle isole, ai vulcani attivi. Sono straordinarie le immagini del Vesuvio in eruzione del 1925, le passeggiate famigliari al Lago Santo parmense, la montagna selvaggia del massiccio del Pollino in provincia di Potenza, così come i verdi prati del Monte Faito o le risalite al Monte Epomeo, spesso con l’ di un asinello, la vetta più alta dell’isola d’Ischia con i suoi 789 metri. Altri cineamatori riprendono gite nei nel cuore della Sila, tra i monti Scorciavuoi, Gariglione, Zingomarro e Nero, negli anni Sessanta, o le viste dal Monte Limbara del 1954 – la vetta principale del massiccio omonimo nel nord-est della Sardegna – e da Punta La Marmora nel massiccio del Gennargentu, fino alle eruzioni etnee degli anni Ottanta.
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