Pecorelli inizia sciopero della fame in carcere a Tirana

Vivo in 16 mq con altre 8 persone e topi in bagno – L’ex imprenditore contesta soprattutto la mancata consegna – a oltre 2 mesi da estradizione e ingresso in carcere – delle motivazioni dell’arresto | Il 18 luglio ci sarà il processo d’appello in Albania Una lettera scritta a mano, indirizzata alla Corte d’Appello di Tirana e al giudice Dritan Habani, ma inviata per conoscenza anche al Consolato italiano, in cui denuncia le proprie condizioni di detenzione e annuncia l’inizio di uno sciopero della fame

È il nuovo capitolo del caso Davide Pecorelli, l’ex imprenditore e arbitro di San Giustino, estradato in Albania lo scorso 8 maggio per scontare una condanna a 4 anni (la Procura ne aveva chiesti 8) inflitta dal tribunale di Scutari – ma non ancora definitiva – per i reati commessi nel 2021 proprio nel paese balcanico, tra cui frode, distruzione di proprietà tramite incendio, attraversamento illegale del confine di Stato.

La missiva, firmata da Pecorelli e datata 16 giugno 2025, è un grido d’allarme rivolto ai magistrati albanesi e alle autorità consolari italiane. Pecorelli, “detenuto numero 234” nella prigione 313 di Tirana, riferisce di vivere in una cella di 16 mq con altre 8 persone, senza acqua corrente e con topi nei bagni. Ma il cuore della protesta riguarda la mancata consegna – a oltre 2 mesi dall’arresto – delle motivazioni della sentenza, che gli impedirebbe di fatto di presentare appello. Da qui l’annuncio dello sciopero della fame “con decorrenza immediata”, finché non verranno depositati gli atti.

Una situazione che si intreccia con l’attesa proprio per il processo d’appello, previsto il 18 luglio prossimo, data in cui la giustizia albanese dovrà decidere se rendere definitiva la condanna inflitta a Pecorelli. Nel frattempo, i suoi legali – Andrea Castori e Massimo Brazzi – starebbero valutando la possibilità di richiedere una riduzione di pena per l’eventuale caduta dell’aggravante della truffa e un’alternativa alla detenzione, come l’obbligo di dimora a Valona (dove vivono i suoceri) o gli arresti domiciliari.

Proprio nel gennaio di 4 anni fa Pecorelli – sommerso dai debiti come da lui stesso dichiarato – aveva finto la sua morte, incendiando anche un’auto a noleggio nel villaggio di Gjegjan, a Puka. Nove mesi dopo (a settembre 2021) fu ritrovato naufrago su un gommone al largo dell’isola di Montecristo, dove si era diretto per cercare il fantomatico tesoro.

Il via libera all’estradizione era arrivato un anno fa da parte della Corte di Appello. Lo scorso marzo è poi arrivata la decisione definitiva, con la conferma da parte del ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio. Oltre due mesi fa, grazie alla collaborazione tra Interpol albanese e italiana, la procedura di trasferimento oltre Adriatico di Davide Pecorelli si era conclusa con l’ingresso in carcere l’8 maggio scorso.

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